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Assegni di mantenimento, assegno divorzile e casa familiare con nuovo partner

Cosa accade ad assegno di mantenimento e assegnazione della casa familiare in caso di convivenza con un nuovo partner? Si perde il diritto all’assegnazione della casa familiare? Chi è separato può convivere? Nel caso di convivenza si perde il diritto al mantenimento? Queste domande ci vengono poste molte volte dai nostri assistiti e la risposta è più complessa di quel che si possa pensare. Le conseguenze di una nuova convivenza sono diverse per quel che concerne l’assegno di mantenimento in caso di separazione, l’assegno di divorzio, l’assegno per i figli, la pensione di reversibilità ed il TFR.

I. Conseguenze in tema di assegno

a) in caso di separazione

Innanzitutto, occorre chiarire che, se è stata già dichiarata la separazione, i coniugi possono iniziare nuove relazioni e andare a convivere con il/la nuovo/a partner. Se poi il coniuge separato avente diritto all’assegno di mantenimento instaura un rapporto di fatto con un nuovo partner, realizzando un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, per l’orientamento giurisprudenziale maggioritario viene meno l’obbligo di assistenza materiale da parte dell’altro coniuge e, quindi, il diritto all’assegno. Ciò in quanto la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale: perdura la solidarietà matrimoniale, che si concreta nel dovere di assistenza tra coniugi – ed anche attraverso la corresponsione di un assegno, in assenza della condizione ostativa dell’addebito – e persiste il legame con il pregresso tenore di vita dei coniugi. La formazione di un nuovo aggregato familiare da parte del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento opera una frattura con il preesistente modello di vita e comporta il definitivo venir meno del diritto alla contribuzione periodica da parte dell’altro coniuge (Cass. n. 32871 del 19/12/2018; Cass. n. 12196 del 16/05/2017; Cass. n. 16809 del 24/06/2019; Cass. n. 4327 del 10/02/2022; Cass. n. 34728/2023). Va invero dato atto di un indirizzo giurisprudenziale minoritario, secondo cui resta comunque salva la facoltà del coniuge richiedente l’assegno di provare che la convivenza di fatto non influisce “in melius” sulle proprie condizioni economiche e che i propri redditi rimangono pur sempre inadeguati (Cass. 16982/2018) a mantenere il precedente tenore di vita.

b) In caso di divorzio

La giurisprudenza, che ha in passato fatto registrare orientamenti di segno contrapposto, ha elaborato una distinzione fondata sulle diverse funzioni proprie dell’assegno divorzile. In particolare, qualora sia instaurata una stabile convivenza tra l’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile ed un terzo, viene meno la componente “assistenziale” all’assegno (e se ne perde il correlativo diritto), ma non viene meno la componente “compensativa”. Pertanto, qualora l’interessato abbia dimostrato non solo di non avere “mezzi adeguati” e di essere impossibilitato a procurarseli, ma anche di aver in qualche misura rinunciato alla propria carriera per la famiglia o di aver contribuito alle fortune dell’altro coniuge ed al patrimonio comune, il diritto all’assegno non è per forza di cose destinato alla caducazione (Cass. sez. un. 32198 del 05/11/2021; Cass. n. 14256 del 05/05/2022) In altre parole, in caso di divorzio, differentemente che in caso di separazione, non necessariamente la nuova convivenza comporta il venire meno dell’assegno, che può semmai essere riquantificato, in ragione del persistere della funzione compensativa di tale tipologia di assegno. Com’è noto, invece, ai sensi dell’articolo 5, comma 9, L. 878/1970: “l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge al quale deve essere corrisposto passa a nuove nozze” (cfr. Cass. 22021/2023).

c) I caratteri del nuovo rapporto

 La nuova relazione del coniuge che percepisce l’assegno di mantenimento o divorzile è da considerarsi rilevante ai fini della determinazione del predetto assegno quando è caratterizzata da stabilità. Ciò in quanto, salvo prova contraria, si presume che, in presenza di una convivenza stabile, il coniuge avente diritto all’assegno possa contare anche sulle risorse economiche del nuovo convivente (cfr. Cass.16982/2018). Non è sufficiente, invece, che la relazione sia meramente “affettiva”. In particolare, tra i nuovi partner deve configurarsi un progetto di vita comune e, di conseguenza, la volontà di realizzare reciproche contribuzioni economiche. La prova dell’esistenza di un tale legame è, in linea generale, rimessa al coniuge gravato dall’obbligo di corrispondere l’assegno. Peraltro, a fronte della coabitazione stabile di una coppia può presumersi l’esistenza di una effettiva convivenza, senza bisogno di ulteriori prove (Cass. 6009 del 2017; Cass. 14151/2022). Tuttavia, la coabitazione non è elemento strettamente necessario al concetto di convivenza (cfr. Cass. n. 3645 del 07/02/2023 che richiama la sentenza della Corte EDU del 21 luglio 2015, Oliari contro Italia e sottolinea come l’art. 1, comma 36, della l. n. 76/2016, a prescindere dalla coabitazione, definisca conviventi di fatto “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile“). In mancanza dell’elemento oggettivo della stabile coabitazione, l’accertamento della rilevanza del nuovo rapporto diviene particolarmente rigoroso. Nella sentenza delle S.U. della Cassazione n. 32198/2021 (richiamata da Cass. 6636/2023) si fa riferimento, al punto 25.2, ad alcuni indici, quali la nascita di figli, l’avere conti correnti in comune, la contribuzione al ménage familiare.

II. Conseguenze sull’assegnazione della casa familiare

L’articolo 337 sexies c.c. (ricalcando il disposto dell’abrogato articolo 155 quater c.c.) prevede che il diritto al godimento della casa familiare debba venire meno nel caso in cui “l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.Tuttavia, la Corte Costituzionale (sent. n. 308 del 2008) ha da tempo precisato che il provvedimento in cui viene riconosciuta ad uno dei coniugi l’assegnazione della casa familiare non è mai automaticamente inficiato dalla nuova convivenza o dalle nuove nozze dell’assegnatario (Cass. 16171/2014), trattandosi di provvedimento emanato nell’esclusivo interesse della prole alla conservazione dell’habitat domestico, inteso come centro dei loro affetti ed interessi e delle loro consuetudini. In questo senso, l’instaurazione di una relazione more uxorio da parte del coniuge affidatario dei figli e assegnatario della casa familiare non giustifica di per sé la revoca del provvedimento, trattandosi di una circostanza ininfluente sull’interesse della prole, salvo che non si provi che la presenza del convivente possa in qualche modo risultare nociva o diseducativa per i minori stessi; solo in caso di comprovato pericolo di pregiudizio per i minori, quindi, potrebbero prospettarsi dei motivi per disporre la revoca dell’assegnazione della casa familiare (Cass. 18878/2022).

III. Conseguenze su pensione di reversibilità e indennità di fine rapporto

Ai sensi dell’articolo 9 L. 878/1970, il passaggio a nuove nozze dell’ex coniuge o la stipula di una nuova unione civile (articolo 1, comma 25, L. 76/2016) da parte del titolare di assegno  impedisce che lo stesso possa ottenere in toto o pro quota la c.d. pensione di reversibilità. È stato tuttavia riconosciuto anche al coniuge divorziato passato a nuove nozze, in ragione della piena equiparazione con il coniuge superstite operata dalla giurisprudenza (Cass. S.U. 159/1998) l’assegno previsto dal D.Lgs.Lgt. n. 39 del 1945, ossia il diritto di percepire un assegno pari a due annualità della quota di pensione, in un’unica soluzione.

Per quanto riguarda l’indennità di fine rapporto, l’articolo 12 bis L. 878/1970 esclude che l’ex coniuge convolato a nuove nozze dopo il divorzio possa ricevere una percentuale della predetta indennità all’atto della cessazione del rapporto di lavoro dell’altro coniuge (lo stesso vale in caso nuova unione civile in base al richiamo compiuto dall’articolo 1, comma 25, L. 76/2016).

La nuova convivenza, invece, può tutt’al più incidere nella misura in cui dalla stessa derivi il mancato riconoscimento dell’assegno divorzile che, com’è noto, anche se successivamente revocato, è presupposto per il riconoscimento di una quota dell’indennità di fine rapporto.

IV. Conseguenze sul mantenimento a favore dei figli

In linea generale, la creazione di una nuova convivenza non ha effetti in ordine al mantenimento previsto a favore dei figli, tanto nel caso in cui il nuovo rapporto lo abbia instaurato il genitore obbligato al versamento dell’assegno, quanto nell’ipotesi di nuova relazione del genitore che lo percepisce.

Tuttavia, in ossequio al principio di parità di trattamento di tutti i figli (sancito dal legislatore della riforma del 2012-2013), a diverse conclusioni deve giungersi laddove il genitore obbligato al pagamento dell’assegno abbia avuto dei figli dal nuovo partner.  In particolare, secondo la giurisprudenza prevalente, la formazione di una nuova famiglia e la nascita di figli dal nuovo partner, pur non determinando automaticamente una riduzione degli oneri di mantenimento dei figli nati dalla precedente unione, deve essere valutata dal giudice come circostanza sopravvenuta che può portare alla modifica delle condizioni originariamente stabilite, in quanto comporta il sorgere di nuovi obblighi di carattere economico (Cass. 14175/2016) e può essere fonte di un effettivo depauperamento delle sostanze del genitore obbligato. In quest’ottica, la nascita di un nuovo figlio rappresenta una circostanza potenzialmente idonea ad ottenere, non solo la revisione dell’assegno di mantenimento per la prole, ma anche dell’assegno disposto a favore del coniuge (Cass. 21818/2021).

Cosa accade ad assegno di mantenimento e assegnazione della casa familiare in caso di convivenza con un nuovo partner? Si perde il diritto all’assegnazione della casa familiare? Chi è separato può convivere? Nel caso di convivenza si perde il diritto al mantenimento? Queste domande ci vengono poste molte volte dai nostri assistiti e la risposta è più complessa di quel che si possa pensare. Le conseguenze di una nuova convivenza sono diverse per quel che concerne l’assegno di mantenimento in caso di separazione, l’assegno di divorzio, l’assegno per i figli, la pensione di reversibilità ed il TFR.

Questo articolo è stato redato dall’Avvocato Avv. Valerio Crescenzi